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Il Grande Formato

Il Grande Formato rappresenta per me la massima espressione nell’arte fotografica, oltre ad essere il valore aggiunto di tutti i miei scatti, laddove è possibile poter cogliere i più piccoli dettagli sulle grandi stampe in alta definizione, oppure navigando dentro le immagini digitali ingrandite al 100% e scoprendo così dettagli invisibili alla visione d’insieme.

Ho sempre avuto la necessità di esprimere la mia grande passione fotografica attraverso un formato di dimensioni superiori rispetto a quello tradizionale del 35 millimetri. Tutto questo mi ha portato inevitabilmente a fotografare attraverso l’uso del Banco Ottico a lastre fotografiche e successivamente a quello digitale, trascinandomi in un mondo fantastico e diverso dalle normali pratiche fotografiche note alla maggior parte delle persone.

La fotografia in Grande Formato è una vera e propria arte con la sua filosofia e le sue precise tecniche, che vengono eseguite ad ogni scatto, come un vero e proprio rito, per poter ottenere quell’accuratezza dei dettagli che conferisce all’immagine una ineguagliabile profondità e tridimensionalità, restituendomi così un`immensa soddisfazione e ripagandomi ampiamente di tutte le fatiche e gli sforzi compiuti. Un’arte fotografica non sempre compresa, in un mondo in cui si vive sempre più velocemente e nel quale per molti è più importante la quantità che la qualità; scattare foto in Grande Formato potrebbe apparire come un’attività superata ed io potrei essere scambiato per un nostalgico fotografo dei tempi antichi, ma non è assolutamente così!

Le mie immagini non nascono per essere ridotte a dimensione di francobolli per poi essere pubblicate sui social e giudicate da un Like da chi distrattamente le guarda, senza cogliere ed apprezzare minimamente il lavoro e le caratteristiche che ci sono dietro. Sicuramente possono piacere o meno, possono emozionare o no, ma non devono necessariamente cavalcare l’onda emotiva del web. Vogliono infatti semplicemente raccontare con genuinità i luoghi che visito in occasione di escursioni o di impegnativi trekking.

Anche nella delicata fase della “post produzione” elaboro le mie immagini con sobrietà ed etica professionale, per un risultato fedele ai dettagli e alle condizioni di luce di quel luogo, in modo che possano restituire l’emozione che la natura mi ha regalato in quel preciso momento in cui ho deciso di fare “click” e non cercando un risultato che “spacca” ad ogni costo, strappando un momentaneo “waow!” allo spettatore.

Ma come realizzare foto in Grande Formato, perché è necessario utilizzare un Banco Ottico e ancora quali sono le attuali caratteristiche di uno scatto in Grande Formato, questi e tanti altri argomenti verranno trattati in questa sessione del mio sito dedicata appunto alla Fotografia Paesaggistica in Grande Formato, cercando di fornire a tutti coloro che sono interessati all’argomento, informazioni utili o incoraggiare tutti quelli che se anche affascinati da quest’arte, sono spaventati dalle oggettive difficoltà nel padroneggiare attrezzature e tecniche di questo meraviglioso, ma complicato mondo.

Realizzare uno scatto in Grande Formato

Per realizzare una foto in Grande Formato, sia di architettura o paesaggistica, è necessario capire prima quali sono le sue caratteristiche.

Una delle caratteristiche fondamentali è quella relativa alle dimensioni: nella fotografia in pellicola si parla di Grande Formato quando le dimensioni del negativo sono almeno 10X12 centimetri (4X5 pollici) mentre nel digitale sarà necessario superare almeno di tre volte la misura del sensore di medio formato. La fotografia in Grande Formato non è caratterizzata solamente dalla dimensione del negativo, ma anche dalla sua qualità poiché, trattandosi di immagini destinate a grandi stampe o ad applicazioni dove l'immagine verrà ingrandita al fine di mostrare tutti i dettagli contenuti in essa, la qualità deve essere necessariamente alta. Si parla quindi di Fotografia in Grande Formato quando le immagini sono inevitabilmente di alta qualità e di grandi dimensioni. Queste due caratteristiche ci fanno subito capire che la realizzazione di tali foto non è cosa banale e che le attrezzature in gioco non potranno essere quelle di uso comune alla maggior parte dei fotografi.

Ad oggi possiamo scegliere se scattare in pellicola o in digitale, quindi ricorrendo rispettivamente ad una fotocamera a lastra fotografica, ossia ad un classico Banco Ottico, oppure ad un dorso digitale inserito in un Banco Ottico Digitale o eventualmente ad una fotocamera tecnica. Se ci si vuole orientare verso il mondo Digitale per raggiungere grandi dimensioni dovremo necessariamente ricorrere all`unione di più fotogrammi eseguiti in fase di ripresa, decentrando il dorso digitale o ricorrendo alla procedura dello stitching ruotando la fotocamera intorno al punto nodale dell`ottica. In questo modo riusciremo a superare i limiti delle dimensioni degli attuali sensori digitali e raggiungere le grandi dimensioni del fotogramma in “post produzione”. Le strade della pellicola e quella del digitale sono molto diverse tra loro, prevedono tecniche differenti sia in fase di ripresa che in fase di sviluppo ed anche le attrezzature necessarie saranno differenti anche se poi il risultato finale potrà essere molto simile.

 

Attrezzatura: perché il Banco Ottico

Come abbiamo detto, per raggiungere la qualità e la grandezza necessaria del fotogramma, la scelta giusta è quella di avvalerci per le nostre riprese di un Banco Ottico che, oltre a darci modo di raggiungere fotogrammi di grandi dimensioni con una qualità notevole, sarà anche in grado, tramite i movimenti di decentramento e basculaggio, di correggere le linee convergenti e di applicare la regola di Scheimpflug per ottenere una perfetta messa a fuoco reale dal primo piano all'infinito.

Se volete approfondire tale argomento Banco Ottico | Corso introduttivovi invito a leggere il mio "Corso Introduttivo al Banco Ottico" scaricabile gratuitamente, previa registrazione, direttamente dal sito. Qualcuno potrebbe pensare di utilizzare una normale Reflex Full Frame eseguendo una moltitudine di scatti allo scopo di raggiungere un fotogramma di grandi dimensioni attraverso la tecnica dello Stitching, ossia “cucendo” in post produzione i tanti scatti eseguiti. Personalmente, però, sconsiglio questa strada, se eseguita con una fotocamera tradizionale, perché il cospicuo numero di fotogrammi da montare e l'impossibilità di decentrare e basculare ci porterà inevitabilmente ad un risultato di qualità inferiore rispetto a quello ottenuto tramite una Camera a Corpi Mobili. Più avanti tornerò ad affrontare la tecnica dello Stitching, una tecnica molto interessante, che se eseguita con il Banco Ottico ci permetterà di ottenere files di grandissime dimensioni senza distorsioni.

Quando si parla di Grande Formato necessariamente le foto verranno guardate al massimo della loro grandezza e ne conseguirà che anche i difetti più piccoli saranno ben visibili. Una messa a fuoco non reale, ossia eseguita tramite la sola chiusura del diaframma darà luogo, sulla grande stampa o al massimo ingrandimento sul monitor, ad aree impietosamente fuori fuoco, e alla perdita di nitidezza dovuta ad un diaframma troppo chiuso per effetto del fenomeno della diffrazione, dovuto al passaggio della luce attraverso il piccolo foro del diaframma. Infatti un diaframma troppo chiuso al fine di ottenere maggior profondità di campo, aumenterà la misura del diametro del Disco di Airy che se risultasse di dimensioni maggiori del doppio della misura del singolo pixel porterebbe al decadimento della nitidezza.

 

Quali sono gli obiettivi da raggiungere

Tutto quanto detto fin qui ci fa comprendere che le attrezzature da utilizzare dovranno essere sicuramente di livello professionale per raggiungere la qualità e le dimensioni del fotogramma.

Dettaglio
Particolare della foto paesaggistica precedente. Notare come sono visibili i due alpinisti in cordata sul ghiacciaio.
 

Sarà dunque necessario l’uso di ottiche di alto livello, come anche, nel caso del digitale, sensori di medio formato con adeguata risoluzione, una camera a Corpi Mobili, con altrettanto indispensabile cavalletto professionale di adeguata stabilità e tutto il necessario per poter “dipingere” al meglio le nostre immagini con la luce!

Una volta ottenute così le nostre foto, grandi e pesanti, ma di qualità superiore, saremo in grado di stamparle fino a riempire una parete da arredare, o fare stampe Fine Art ad altissima risoluzione, come ad esempio a 1440dpi (Epson Inkjet 11880), per arrivare ad immagini dal dettaglio superlativo, o ancora montare video in 8K, oppure pubblicare le foto sul sito Web dando la possibilità allo spettatore di ingrandire l`immagine e per poter quindi cogliere i minimi dettagli. A tale proposito invito tutti a provare la funzione di Zoom del mio sito che vi permetterà di fare un ingrandimento fino al 100% senza attesa: si avete capito bene senza attesa, grazie ad un sofisticato meccanismo, che è ancora in fase di sviluppo e aggiornamento, per essere sempre più performante e all`avanguardia in questo mondo pieno di Pixels.

Insomma, avere a disposizione foto in Grande Formato ci permetterà di poterne fare qualsiasi utilizzo, perché, come noto, dal grande si può ottenere tutto, mentre il contrario risulta impossibile.

E’ doveroso fare una piccola precisazione sul termine Grande Formato. L`aggettivo grande si riferisce esclusivamente alle misure del frame, ossia del negativo, in caso di pellicola, o delle dimensioni del file digitale e non alla sua risoluzione. Per poter fare ad esempio un confronto tra il Medio Formato e il Grande Formato e necessario farlo tra fotogrammi della stessa risoluzione, ossia aventi lo stesso rapporto tra numero di pixels e superficie, altrimenti il paragone non può esser fatto.

Se ad esempio prendiamo in esame uno scatto eseguito con il sensore della Phase One IQ4 da 150 MP dalle dimensioni di 54X40mm, questo rientra nella categoria del Medio Formato anche se, per via della sua altissima risoluzione, e in grado di produrre una stampa di ben 90X120 centimetri a 300dpi.

Se invece con lo stesso sensore, quindi a parità di risoluzione, faremo una serie di scatti che poi “cuciti” insieme in post produzione daranno luogo ad un file con dimensioni di 120X80 mm per lato, questo sarà da considerare uno scatto di Grande Formato.

E’ chiaro che non possiamo confrontare foto di risoluzione diverse, come ad esempio la scansione di una lastra 10X12 eseguita a 2400dpi e uno scatto eseguito con il dorso Phase One da 150MP, perché, ingannati dalla grandezza della stampa che questi due fotogrammi sono in grado di produrre, penseremmo erroneamente che la foto in grande formato sia quella eseguita con il dorso digitale.

Photo Stitching con il Banco Ottico

Considerato che, al momento, è difficile reperire la pellicola fotografica piana, la realizzazione di immagini in Grande Formato è realizzabile più facilmente attraverso la fotografia digitale e, in particolare, sfruttando la tecnica del Photo Stitching, la quale, se combinata con le caratteristiche peculiari del Banco Ottico Digitale, ci permette di ottenere immagini di diversi Gigapixel con una qualità decisamente superiore e, soprattutto, senza forme di distorsione.

Se sei interessato ad approfondire questo argomento accedi all'articolo specifico:
Photo Stitching con il Banco Ottico Digitale

 

Pratica sul campo

Le nozioni esposte fino ad ora sono fondamentali per comprendere il mondo del Grande Formato e capire le differenze con la fotografia tradizionale ma non bastano da sole per poter arrivare alla concreta realizzazione delle foto con questa tecnica. La pratica “sul campo” è di fondamentale importanza e ci permetterà di acquisire quella dimestichezza necessaria per padroneggiare attrezzature e tecniche fin qui descritte, affrontando le reali difficoltà che potremo superare solamente con impegno, dedizione e passione, come, del resto, è quanto avviene anche nella vita in ogni circostanza.

Uno dei primi argomenti da affrontare riguarda la Logistica, ossia tutto ciò che concerne l'organizzazione e il trasporto delle attrezzature, considerandone anche il valore e la delicatezza.

Ritengo che tale aspetto sia molto importante e, quindi, assolutamente da non sottovalutare, soprattutto se si è orientati sulla fotografia paesaggistica di montagna, laddove sarà necessario raggiungere luoghi non facilmente accessibili e, talvolta, in condizioni meteorologiche non troppo favorevoli.

L'attrezzatura del Grande Formato è, inevitabilmente, pesante ed ingombrante: per questo motivo il mio consiglio è quello di organizzarsi con uno zaino adeguato in modo da muoversi agevolmente, riuscendo a proteggere bene le attrezzature e, contemporaneamente, riuscire ad utilizzare le stesse con facile accesso.

Chiaramente, questo è valido per chi è solito fotografare, come del resto faccio io, in ambiente alpino, non certamente per coloro che effettuano fotografia di architettura, riuscendo magari a raggiungere i luoghi di loro interesse in auto, e, quindi, riponendo l'attrezzatura necessaria in comode valigie trolley.

A questo proposito, la mia esperienza mi permette di suggerire gli zaini della casa americana F-Stop Gear con i pratici ICU, ossia i contenitori interni della medesima azienda, dove poter riporre tutto il materiale in modo comodo e sicuro.

Inoltre, sarà fondamentale l'utilizzo di un adeguato cavalletto, stabile e robusto; anche per questo, il mio consiglio è orientarsi sul fantastico Gitzo Mountaineer, a mio avviso uno dei più validi. Se lo si vuole ottimizzare ulteriormente, è possibile sostituire la parte dell'attacco delle tre gambe (hub) con la base della Markins TH-230 e montarvi sopra una base livellante con testa panoramica marca Sunwayfoto DYH-90Ri, molto robusta, ma allo stesso tempo abbastanza compatta. Chiaramente, questi sono solamente i miei spassionati consigli, suggeriti dall'esperienza fatta “sul campo”.

Un altro aspetto importante è fare un sopralluogo del punto di ripresa, potendo così pianificare con precisione i tempi per raggiungere la location, considerando anche la preparazione necessaria per lo scatto, oltreché valutare l'inquadratura e la posizione del sole; insomma tutto quanto è necessario per arrivare a realizzare la foto con meno imprevisti possibili.

Pertanto, raggiunto il posto, dovremo per prima cosa piazzare il nostro tripod mettendolo in bolla, quindi montarci sopra il banco ottico e ricontrollare la perfetta messa in bolla. Successivamente, proseguiremo con il montare la lente prescelta per tale ripresa, e, sotto il panno nero con l'ausilio di un buon loupe (io uso un Peak Zoom 8-16X), fare la composizione e la messa a fuoco. Per quanto riguarda quest'ultima, si potrà optare, a seconda della foto, per una messa a fuoco continua dal primo piano all'infinito, basculando l'ottica verso il basso, ossia applicando la regola di Scheimpflug, oppure, scegliere una messa a fuoco selettiva su un particolare punto dell'immagine, sfocando il resto degli elementi, basculando l'ottica verso l'alto o più semplicemente scegliendo un diaframma molto aperto.

Il passo successivo riguarderà la scelta dell'esposizione, con l'ausilio di un esposimetro, decideremo in quale zona far cadere il grigio medio della scala tonale e di conseguenza capire dove andranno a collocarsi le altre zone. Una volta fatte le nostre valutazioni, anche in base a ciò che pre-visualizziamo nella mente, arriveremo a stabilire una coppia tempo diaframma, che imposteremo sull'otturatore della lente. Saremo così quasi pronti: inseriremo la lastra fotografica o il dorso digitale, armeremo l'otturatore e procederemo allo scatto, o alla sequenza di scatti in caso di Stitching, nel momento in cui riteniamo buone le condizioni della luce.

Come si intuisce da quanto finora premesso, per fotografare in Grande Formato è richiesta molta pazienza e una meticolosa preparazione! Infatti, il procedimento è lungo e colmo di tanti passaggi precisi, ma proprio la lentezza di questa macchinosa procedura fornisce il tempo necessario al fotografo per concentrarsi sulla composizione e sull'esposizione tanto che la stessa possa restituire i contrasti voluti tra le varie zone, e poter, così, realizzare la foto proprio come l'abbiamo immaginata nella mente. Contrariamente, un procedimento veloce ci porterebbe a scattare troppo impulsivamente!

In questa disciplina, come più volte già ribadito, non si arriva al risultato per tentativi, magari facendo molti scatti con la speranza poi di trovare quello buono. Ci si deve, invece, approcciare in maniera differente, in modo da raggiungere il risultato sulla base dei propri ragionamenti e della propria esperienza. Certo, inizialmente, questo potrà causare errori, ma, come in ogni lavoro, sbagliando e ragionando sul perché si sono presi abbagli, sarà possibile ottenere la competenza e la sicurezza necessarie per affrontare questa interessante disciplina in ogni condizione.

Proseguendo con il voler fornire suggerimenti pratici, consiglio a chi sceglierà di usare le lastre fotografiche come supporto di acquisizione, di numerare gli chassis e scrivere su un lato della Voilette la parola “Exposed”, in modo da indicare l'avvenuta esposizione della lastra. Infatti, purtroppo, è molto facile confondere le lastre vergini con quelle già esposte e correre il rischio di impressionare due volte la stessa lastra, rovinando ben due scatti! Sempre a proposito di chassis, questi si possono bloccare con del nastro adesivo di carta in modo che le Voilette non possano sfilarsi accidentalmente; infine, è buona abitudine trasportare tutti gli chassis in un contenitore che li protegga da urti e luce.

Per coloro che invece vogliono avventurarsi in questa disciplina fotografica utilizzando un dorso digitale, consiglio vivamente di portare sempre dietro batterie di scorta, e soprattutto un cavetto di Sync di riserva: infatti, senza questo semplice accessorio, in caso di rottura dello stesso, non saremo più in grado di scattare neanche una solo foto!

Conclusivamente, ricordo anche che, è un'ottima abitudine avere un kit di pulizia, utile nel caso in cui il sensore si venga a sporcare accidentalmente durante le operazioni di aggancio e sgancio dal banco ottico.

La post-produzione

La post-produzione, fase fondamentale ed importante tanto quanto quella di ripresa, è il momento attraverso cui si arriva al prodotto finale. Le fasi della "post" sono differenti nel caso in cui si sia scelto di scattare in pellicola, dal caso in cui si è optato per il digitale: in entrambi i casi, comunque, il processo conduce alla creazione di un'immagine digitale ossia di un file Tif, ovvero lo standard digitale per immagini non compresse ad alta qualità.

La pellicola fotografica

Nel caso di lastre fotografiche, oggigiorno, dopo il loro sviluppo, differentemente da quanto avveniva in passato, in cui si procedeva alla stampa in camera oscura, è necessario procedere alla digitalizzazione mediante la scansione eseguita con scanner professionale, dedicato a questi formati, in modo da ottenere il file Tif (di cui parlavamo nel precedente capoverso) con adeguata risoluzione ed accuratezza.

L'operazione di scansione va effettuata con scrupolosa attenzione e tramite uno scanner di qualità professionale o semi professionale, come ad esempio l'Epson V-750, il quale è in grado, mediante un suo accessorio, di eseguire anche scansioni a fluido, tecnica questa molto valida, che garantisce la planarità della pellicola sul piano di scansione e restituisce ottimi risultati in termini di colore. In questa fase si "estraggono" dalla pellicola le informazioni necessarie per costruire il file digitale Tif, passaggio delicato in cui non si possono avere perdite di qualità, ma al contrario si deve ottenere il massimo delle informazioni. In Tale procedura consiglio di impostare una profondità colore a 16 bit per canale, evitare tagli dell'istogramma e l'applicazione di maschere di contrasto, oltre che assicurarsi una perfetta messa a fuoco e la planarità della pellicola.

A tale proposito, suggerisco di scegliere una risoluzione idonea anche in considerazione della qualità dell'ottica utilizzata per impressionare la pellicola: questo perché una lastra impressionata da una lente di scarso valore, pur scansionata al massimo della risoluzione, non sarà certamente in grado di restituire più informazioni di quante ne possa contenere. Infatti, è utile valutare che una pellicola a bassa sensibilità, 50-100 ISO, è in grado di registrare informazioni con un'accuratezza di 80-100 lp/mm solamente se impressionata tramite una lente di ultima generazione, con potere risolvente di 100 lp/mm (cosa pressoché impossibile con lenti a basso potere risolvente). Insomma, anche se ci avvaliamo dello scanner più performante, questo non potrà estrarre dalla pellicola le informazioni che al momento dello scatto la lente non è stata in grado di trasmettere.

Con questo processo otterremo così un file Tif “grezzo” contenente tutto quanto l'operazione di scansione è stata in grado di estrarre dalla pellicola, dati che sfrutteremo nella successiva fase di fotoritocco.

Il fotoritocco di un file Tif generato dalla scansione di una pellicola è sicuramente più complesso in quanto sarà necessario intervenire su una serie di aspetti che, invece, nel caso di Tif generato dal file Raw, sono già stati esaminati tramite il software di sviluppo.

Il dorso digitale

Nel caso in cui si sia scelto come supporto di acquisizione il dorso digitale, il passaggio indispensabile è quello di sviluppare i files Raw tramite un apposito software - io personalmente uso Capture One -. Anche con questo processo si otterrà il file Tif.

Il processo di sviluppo dei file Raw è una fase molto importante, forse la più importante della post-produzione nella fotografia digitale.

Questo processo è un vero e proprio "Sviluppo" nel quale tutte le informazioni contenute nel file Raw vengono utilizzate al fine di ottenere "l'immagine giusta", ma cosa intendo per immagine giusta?

Penso che "l'immagine giusta" sia quella che il fotografo ha pre-visualizzato nella sua mente al momento dello scatto, che non è assolutamente rappresentata da come appare il file Raw, ma è “contenuta” nel file Raw. Ed è questa la fase in cui il fotografo è chiamato con la sua esperienza e sensibilità a ricreare quell'immagine da lui pre-visualizzata, come del resto avveniva in camera oscura quando non esisteva la fotografia digitale. Ora le stesse operazioni potranno esser fatte tirando fuori dal "contenitore Raw", attraverso gli strumenti messi a disposizione del software, le informazioni necessarie al fine di ottenere quella che io ho definito "immagine giusta".

Nella fase di sviluppo dei Raw dovremo intervenire sul bilanciamento del bianco, su quello del colore, se necessario sulla correzione del Color Cast mediante l'uso dei files LCC, sull'esposizione, sul contrasto, sul micro contrasto, sulle alte luci e sulle ombre; insomma, le operazioni e gli interventi da attuare sono tanti, sia in fase primaria che in fase più avanzata, ed è per questo motivo che invito coloro che sono interessati all'argomento specifico a guardare i tutorial in rete, o a frequentare i corsi dedicati.

Premesso ciò, tengo a sottolineare che la potenza di questi software è talmente elevata da riuscire ad intervenire pesantemente sulla “nostra” foto, tanto da cambiarne significativamente l’aspetto. Pertanto, spetterà a noi capire fino a che punto poterci spingere. Personalmente ritengo che lo sviluppo dei files Raw debba esser fatto con etica professionale, ricreando quell'immagine che il fotografo ha pre-visualizzato al momento dello scatto, cercando anche di esaltare il messaggio che se ne vuole trasmettere, senza però oltrepassare il limite in cui, pur di ottenere il famoso "wao" dallo spettatore, si snatura la foto.

Penso che la fotografia paesaggistica debba raccontare quel luogo e l'atmosfera in cui il fotografo si è trovato e ha deciso di eseguire lo scatto, fermando quel momento in una immagine che contenga quel particolare fascino, in modo che possa suscitare nello spettatore la stessa emozione che ha provato chi ha fatto lo scatto.

L'ultimo passaggio della fase di sviluppo è l'esportazione del risultato nel formato Tif, come già detto, il formato non compresso, di alta qualità, dedicato alle immagini.

Il fotoritocco

Ottenuto il file Tif, sarà necessario trattarlo con un software di fotoritocco, come il famoso ed affermato Photoshop, per arrivare finalmente al prodotto finito.

Questa fase non deve essere confusa con quella precedente di sviluppo perché concettualmente è differente. Infatti, se nella fase di sviluppo, abbiamo ampio margine di manovra, avendo a disposizione e potendo sfruttare tutte le informazioni contenute nel Raw che il sensore è stato in grado di registrare, al fine di ottenere il risultato da noi desiderato, al contrario, nella fase di fotoritocco possiamo intervenire solamente sul contenuto del file Tif, ossia sulle informazioni dell'immagine relative al momento dell'ultimo passaggio di esportazione.

Per meglio comprendere la differenza, illustro un esempio: nella fase di sviluppo è come quando ci troviamo al supermercato dove abbiamo la facoltà di scegliere tra centinaia di prodotti disponibili per realizzare i nostri piatti di portata, mentre nella fase di fotoritocco è come quando torniamo a casa con la spesa e, per realizzare la pietanza desiderata, possiamo utilizzare solo quello che abbiamo acquistato. Infatti, è chiaro che la buona riuscita della stessa non sarà garantita solo dalla capacità di saperla cucinare, ma anche da una spesa giustamente calibrata!

Un esempio pratico si può fare nel caso in cui si voglia modificare l'esposizione di uno scatto:
se nella fase di sviluppo del file Raw è possibile variare l'esposizione anche di molti stop, senza perdere la qualità, poiché il software è in grado, sfruttando le molteplici informazioni contenute nel Raw, di apportare tali modifiche senza problemi, nella successiva fase del fotoritocco sul file Tif, si potrà effettuare la stessa operazione molto limitatamente in quanto il software avrà a disposizione solamente le info relative all'esposizione stabilita al momento della creazione del Tif; ne consegue che, applicando una variazione di esposizione che risulti fuori range, si avrà perdita di qualità e comparsa di artefatti.

Nella fase di fotoritocco, quindi, dovremo effettuare tutte le operazioni che intervengono sui pixel dell'immagine, come eliminare un oggetto di disturbo, fare la noiosa “spuntinatura” per togliere tutte le macchie dovute alla polvere sulla lente o sul sensore, o ancora desaturare o saturare un cielo troppo o troppo poco intenso, assegnare un profilo colore, o fondere più scatti insieme se abbiamo scattato ricorrendo al foto Stitching precedentemente illustrato, potremo anche decidere per un taglio diverso dell'immagine ed infine preparare la foto in base al suo utilizzo finale: insomma, effettuare tutte le operazioni tipiche di un intervento di editing sui singoli pixel.

Realizzare foto paesaggistiche in Grande Formato non è affatto banale ed immediato; infatti, come abbiamo visto, implica la necessità di seguire un processo lungo e complesso in cui il fotografo è il protagonista di ogni singola decisione.

Lo scatto finale, quindi, è il risultato di scelte ben ponderate che poco si conciliano con la fugacità di questo mondo dove la disciplina fotografica in Grande Formato attraverso l'uso del Banco Ottico è vicina all’“estinzione” o, comunque, rischia di rimanere una tecnica di nicchia a cui ricorrono solo pochi professionisti del settore.

Fortunatamente, c'è ancora chi, come me, crede che, al contrario, valga la pena perseguirla e diffonderla, esaltandone le peculiarità, la bellezza e l'unicità che la contraddistinguono da quella massa indistinta di immagini frettolose e trascurate che scorrono sui nostri schermi solo per mostrare al mondo ciò che facciamo.

Non può parlarsi di fotografia di fronte allo spreco di così tanti milioni di pixel che si producono, si consumano e si gettano via in poche ore senza lasciar nulla!

Ebbene, la caducità degli scatti di oggi è ciò che è più distante dalla Fotografia Paesaggistica in Grande Formato che, al contrario, vuole arricchire l'anima e imprimere una testimonianza della forza della Natura che si manifesta di fronte ai nostri occhi, che, ahimè, sono sempre più distratti dai ritmi frenetici dei nostri tempi.

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